Finali Pass Aleph 0 (1990)
I finali Pass Aleph 0, single ended in classe A di Nelson Pass anni '90
I miei monoblocchi Pass Aleph 0 (progetto anni ’90 di Nelson Pass, giudicati dalla prestigiosa rivista statunitense “Stereophile” i finali migliori di quella decade) furono i miei primi Aleph in assoluto (ma non i miei primi prodotti progettati da Pass: rammento con piacere un vecchio Threshold S/200, unico finale a stato solido che non faceva strillare le mie vecchie monumentali Tannoy GRF). Ad essi seguirono, a casa mia, e negli anni, altri Aleph: un pre P (versione 1.7), pre che poco aveva da invidiare al Levinson 326S (che usavo nel medesimo periodo), e, tra i finali, un Aleph 5 ed un 30. Questi due ultimi finalini, semplici, robusti, e suadenti come un valvolare con le EL-34.

Dal 2010 uso come sistema principale, in casa, una coppia di monitor da studio Tannoy System 215-2. Sistemi da circa un quintale abbondante ognuno, ogni cassa ha struttura matrix con doppio woofer da 38 cm, uno dei due è un dual concentric, quindi ospita un tweeter. Sono biamplificabili, con un crossover sofisticato avente componentistica di pregio, variamente settabile, con la possibilità di trasformarle in un “due vie e mezzo” all’occorrenza. Molto efficienti, sfiorano i 100 dB/W/m, ma prediligono amplificazioni robuste . Tannoy consiglia finali fino al…mezzo kiloWatt per canale !!!
Tra il 2010 ed il 2012 riempii, su un noto forum del quale ero anche moderatore, pagine e pagine sui miei primi esperimenti di amplificazione su qs monitor: dai finali economici professionali Yamaha P3500S (350 watt ognuno), usati in coppia, ai Quad II (quelli veri, di Peter Walker, anni ’60: 15 deliziosi Watt, con le valvole finali KT-66 GEC).
Le Tannoy System 215/2 riescono a suonare con tutto, e, come ogni monitor, evidenziamo chiaramente limiti e pregi delle varie elettroniche loro collegate.
Dal 2014 questi grossi monitor formano pianta stabile dell’impianto nella mia sala d’ascolto. Come altrettanto stabili sono i loro fratellini minori, i monitor da studio Tannoy System 15, identici, ma con un solo dual concentric da 15” anziché due, che uso nel mio ambulatorio. Qui l’amplificazione è un trittico Marantz Music Link anni ’90 della Marantz in classe A, un po’ moscio ma dannatamente musicale, ed in ogni caso più che sufficiente per i volumi di ascolto di una sala d’attesa di uno studio medico.
In casa viceversa alterno almeno due diversi sistemi di amplificazione, con le 215: il primo prevede quattro finali mono Manley Snapper, 100 watt ognuno, quattro “tubi” EL-34 ognuno, in biamplificazione. Il classico pugno di ferro in un guanto di velluto.
L’alternativa stabile ai 4 Manley è una amplificazione a stato solido Accuphase: dopo aver usato -e scartato, in passato- oggetti blasonatissimi ma inadatti, come Mark Levinson e company, sono tornato ad Accuphase, in chiave anni 2000. E quindi uso un finalone P-7000 sui woofer, ed un A-20V sui tweeter. Roba moderna, analitica, mai stridente.
Aggiungo: negli anni, ho irrobustito il mio sistema agli estremi banda: in alto ho sistematizzato l’uso di supertweeter, via via passando dai JBL vintage 2405, ai Fostex FT96 in Alnico, per arrivare agli attuali Visaton ad altissima efficienza (a tromba), pilotati con un secondo finale Accuphase A20 (che nasce anche per qs utilizzi, ed ha guadagno regolabile).
In basso, ho seguito la linea di pensiero di usare una coppia (o più) di (anche piccoli) sub attivi. Questi, posizionati in modo accorto, possono rivoluzionare in meglio la risposta in basso (non certo carente di loro, sulle 215…) di qualunque sistema. Io uso due economici KRK attivi da studio, da 10”, carrellati (per spostarli con facilità; anche le gigantesche 215 sono carrellate). Ne vedete uno nella foto di copertina, tra i due Aleph 0, sul pavimento.
Il filtraggio sulle amplificazioni così dedicate all’ estremo banda è attivo. Con le 215 viceversa sfrutto l’eccellente crossover interno, sia per biamplificarle che per monoamplificarle.
Tornando ai sistemi di amplificazione che da me ruotano sulle 215, il sistema Manley (4 monofonici Snapper) equivale qualitativamente al sistema Accuphase (P-7000 e A-20V), il cui costo è circa tre volte superiore al primo. Il sistema Manley richiede una maggior manutenzione: il bias va regolato con una certa frequenza (ma è divertente, occorre procurarsi un tester e si compie l’operazione in 5 minuti per i 4 finali), ed ogni tanto va sostituita una delle sedici EL-34. Io uso valvole moderne Electro Harmonix, vanno benissimo e costano poco, una 20ina di euro ognuna, inoltre, nel caso non infrequente di rottura (l’impianto sta acceso 365 gg/anno per svariate ore/giorno), sono di facilissima reperibilità. Inoltre non richiedono matching, grazie alla possibilità di regolare il bias negli Snapper. La voce degli Snapper è dolce, come per ogni buona amplificazione facente capo alle EL-34, ma mai sdolcinata. Il punch offerto dai 4 monofonici è possente, con un medio basso molto piacevole e...vintage. La prestazione offerta dagli Accuphase non è diversissima: un medio quasi valvolare, un po’ di controllo in più, ma poche altre differenze. Ad occhi chiusi riconoscerei i due sistemi di amplificazioni collegati alle mie 215, ma forse un estraneo no.
Ogni tanto ruoto altri giocattoli, tra cui i due Quad II di Peter Walker, affascinanti ma insufficienti all’uopo, o i due Pass Aleph 0 single ended in classe A di Nelson Pass. Questi furono probabilmente i primi finali che nel 2010 collegai alle Tannoy 215, ma all’epoca mi ostinavo a collegarli in biamplificazione, usandoli solo per le vie alte. Poi ho scoperto che questi Aleph 0 prediligono lavorare a gamma intera (magari con due altri loro gemelli, soltanto che, contrariamente agli Snapper, non possiedo quattro Aleph 0 per dimostrarlo). Il basso offerto da una coppia di Aleph 0 è profondissimo e controllato, ma non ha l’immanenza proposta dai sistemi Accuphase o Manley già citati. Questo però è poco avvertibile durante il 90% degli ascolti “non critici” a volume basso e medio-basso. Inoltre l’utilizzo contemporaneo dei due sub attivi KRK supera qs limite. L’estremo medio-alto degli Aleph 0 appare anche troppo presente, ma l’inserimento dei due supertweeter (e dei due sub) paradossalmente riequilibra il tutto.
Il medio degli Aleph…beh, qui calatevi pure le braghe J. La voce umana è tangibile tanto è reale. La tridimensionalità della scena rasenta aspetti olografici. Questa è la classe A secondo il geniale Nelson Pass, ragazzi!
Si parla tanto della trasparenza degli Aleph anni ’90 di Pass, ed il perché lo si capisce ogni volta che se ne ascolta una coppia alle prese con monitor seri. Ora..messa da parte l’eufonicità dei più piccoli stereofonici 5 e dei 30, i fratelli maggiori monofonici offrono una trasparenza disarmante. Non è questione, come proponeva il grande Giussani, di ½ dB in più nella gamma subito al di sopra dei 1000 Hz. Non è brillantezza. Lo è, nel senso che certamente la gamma medio-alta è leggermente più in alto del resto. Ma tutto è anche dannatamente più…TRASPARENTE!
Ascoltare una coppia di Aleph 0, rispetto ad amplificazioni cmq di pregio come i Manley e gli Accuphase citati, è come passare da uno schermo Full HD led ad uno schermo 4K oled.
L’unico neo, un indurimento a livelli di ascolto elevati.
Al di sotto di questo SPL, gli Aleph 0 offrono puro Nirvana




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