IMF Studio Monitor (ca 1970)
I diffusori a "linea di trasmissione" ("TL": "transmission line") sono sempre stati, a dispetto delle loro sorprendenti capacità di proporre un basso quantitativamente e qualitativamente al di sopra della media dei coevi sistemi "tradizionali" (bass-reflex e sospensione pneumatica) di pari litraggio, assai poco diffusi. Quasi di nicchia. Questa scarsa diffusione, all'epoca del loro esordio e nei decenni successivi, è probabilmente imputabile agli elevati costi legati alla notevole complessità progettuale ed ancor più realizzativa. Il noto recensore britannico Ken Kessler, qualche tempo fa, forse scherzando ma neanche troppo, sosteneva che il problema della progressiva scomparsa dei TL consiste nella difficoltà di reperire ancora carpentieri in grado di realizzare, con sufficiente accuratezza, l'interno dei TL. Forse, nel 2025, con le attuali risorse, questa affermazione non è più attuale, come PMC insegna. Comunque, tornando alle origini, e parliamo di almeno 50 anni fa, la prima aziende di una certa dimensione a cimentarsi coi “trasmission line” fu la britannica IMF (anni '70 e '80), seguita dalla sua emanazione TDL (anni '80 e '90). Attualmente la PMC propone evoluti (quanto costosi) modelli di TL. Sono esistiti altri costruttori di minori dimensioni, così come almeno un paio di grandi aziende britanniche, nelle decadi, si sono cimentati. Ma è indubbio che, quando si parla di sistemi a linea di trasmissione del passato, i nostri ricordi vadano ad IMF prima, ed a TDL poi.
Questa la scheda di presentazione delle IMF Studio Monitor, prodotte negli anni '70:
Senza voler riassumere qui i concetti che stanno alla base dei sistemi TL, e le problematiche da risolvere in fase di progetto, cerchiamo di riassumere i pro ed i contro nell'utilizzo domestico di queste creature. A parte la complessità della struttura interna del cabinet, e l'ingombro del medesimo (ingombro relativo, tutto sommato), i sistemi transmission line sono spesso assai poco efficienti, Quanto a fase e modulo di impedenza, la linea di trasmissione consente in teoria di mantenere su livelli accettabili questi valori nella area della frequenza di risonanza del woofer. Ciò non di meno le IMF (probabilmente le più ricercate, oggi giorno, sul mercato del vintage) devono fare i conti con un cross-over mediamente complesso (con un numero di vie pari o superiore a tre), e questo non semplifica il lavoro degli ampli a loro collegati. Un po' più facili da pilotare le più moderne TDL, ma principalmente la serie più economica metà anni '90, denominata RTL. Il pregio principale dei sistemi a trasmissione di linea è costituito dalla capacità di scendere sorprendentemente in basso, con SPL sufficientemente elevati, e con bassissima distorsione, grazie ai ridotti movimenti del diaframma del woofer (solo le trombe riescono a far di meglio, ma con ingombri nettamente superiori), e di riuscire a farlo in maniera naturale e continua (contrariamente ai bass-reflex).
Rimasi colpito dalle IMF Super Compact provate da Steroplay nel 1976 (ho ancora il numero con il test, e mi ritrovo in pieno nei giudizi complessivi sulle IMF di quel periodo): le Super Compact erano sistemi piccoli, sfoggiavano una timbrica sana, e sfoderavano un basso non prepotente ma assolutamente sorprendente, in quanto a profondità, in rapporto alle ridotte dimensioni. Passarono una ventina d’anni quando acquistai, nel 1995, una coppia di TDL RTL4, un due vie a trasmissione di linea in configurazione D’Appolito. Provenivo da un sistema multivie multiamplificato, e avevo esigenze di semplificazione di set-up. Le TDL RTL-4 non mi costarono una fortuna: le RTL erano la gamma entry level delle TDL (le Studio erano il top di gamma). Le ricordo dinamiche, esigenti ma non impossibili dal punto di vista del pilotaggio. All’epoca avevo in casa un Cabre AS 202, ed un ancor più correntoso Am Audio Fet01, quindi zero problemi da questo punto di vista. Vendetti le TDL nel 2004 in cambio di una coppia di JBL 4333a. Iniziava per me l’epoca dei grandi sistemi bass reflex con woofer da 15”, e contemporaneamente quella dei mini diffusori. Così, nel 2025, mi ritrovo da un lato con mini sistemi come le ProAc Supertablette (le amo, ne ho due coppie), le Diapason Karis, le Chario Hiper 1 (le ho dal 1990 circa), le B&W 805 Matrix e le Tannoy 600A attive. Dall’altro lato, ospito colossi a 15” come le Tannoy System 15 e le ancor più imponenti 215 DMT-II. Nel corso degli anni ho cucito intorno ad ognuno di questi sistemi una amplificazione idonea, che viaggia dai piccoli Quad II ai grandi Manley Snapper, passando attraverso VTL, Pass Aleph, Electrocompaniet, Quad 405/303/306, Ayre, ed altri che non ricordo, sparsi in giro. Più per spirito collezionistico ed amore per il vintage che altro, da tempo mi proponevo di riacquistare, prima o poi, una coppia di “transmission line”: IMF, o anche meno vintage, come le TDL. Entrambe le aziende utilizzarono, durante le loro brevi storie, componenti di pregio, come Elac, Kef, Celestion. Le TDL montarono componenti più moderni, anche prodotti "in casa", innovativi, assemblati in sistemi a due vie (eccetto nei modelli top della linea Studio, a tre vie).
Poco tempo fa ho portato a casa una coppia di IMF Studio Monitor (IMF SM). Non si trovano molte notizie sulle IMF, ma queste rientrano nella linea top di gamma “Reference”, di cui costituiscono il modello compatto. Come confermato dal sito www.imf-electronics.com
L'IMF Studio Monitor è un sistema a tre vie alto quasi un metro, realizzato e venduto a coppie speculari (la mia coppia ha lo stesso seriale, col suffisso L ed R). Il woofer è un componente in polipropilene avente diametro di quasi 20 cm con rinforzi radiali (Elac?). Il mid (un Kef?) è un bel trasduttore da 10 cm. Completa il tutto un piccolo tweeter (Celestion HF2000?). Il mid è isolato da tutto il resto, con un carico proprio.
I tagli sono a 375 Hz ed a 3000 Hz. Il valore della efficienza dichiarata è di appena 81dB/W/m. I tre trasduttori sono montati sul pannello frontale ravvicinati tra loro, ed i piedestalli consentono una inclinazione di qualche grado verso l’alto, tutto questo al fine di ridurre lo sfasamento delle emissioni, almeno a distanze di ascolto superiori ai due metri. Da progetto, i woofer devono stare all’esterno.
La coppia da me acquistata è in condizioni superbe, il mid sembra essere stato ribordato di recente, i mobili sono impeccabili. Entrato nella grande sala del venditore, le IMF erano pilotate da due moderni Classe D di cui non ricordo il nome. Acusticamente, sembrava che nel sistema fossero in funzione uno o più sub. Invece erano soltanto le due IMF! Dopo meno di due ore le IMF Studio Monitor erano a casa, nel mio ambiente principale, che non è una "sala di ascolto", bensì una classica living room dove la musica impera tutto il giorno, dove vive tutta la famiglia, un locale mediamente assorbente e soprattutto "comodo" .
Prime impressioni:
Amplificazione: inizialmente ho sottratto alle grandi Tannoy 215 l’amplificazione dedicata ai loro quattro woofer da 38cm, costituita da una coppia di Manley Snapper. Poi, volendo provare qualcosa di coevo, ho provato, due Quad a stato solido. Dapprima il Quad 405 (completamente refurbished, è un Quad prima serie, ho anche due altri Quad 405 in versione mk-II, ma visto il modulo di impedenza delle IMF, dichiarato a 8 Ohm, ho usato il 405 prima serie), ed un piccolo Quad 306. Il 405 spinge davvero bene queste IMF, ma questi sistemi, assolutamente rivelatori e trasparenti, lo ripagano mettendo in mostra quello che è uno dei limiti del 405: un medio un po’ harsh e affaticante. Il baby Quad 306 si comporta meglio da questo punto di vista, timbrica sana, ma i limiti dinamici, in qs ambiente, emergono. E il meraviglioso basso delle IMF SM, inevitabilmente si alleggerisce. Alla fine le ho collegate ad un ampli meno vintage (ma pur sempre di 30 anni fa, anche se ancora prodotto), e la situazione è migliorata: parlo di uno dei miei due VTL ST-85. La potenza finalmente è adeguata, il basso spinge parecchio, e la timbrica risulta complessivamente piacevole. Questo VTL monta delle onestissime EL 34 Electro Harmonix moderne, e in alcuni passaggi il registro medio-alto appare un po' troppo in evidenza. Poi ho collegato il mio piccolo amato Pass Aleph 30 "Volksamp" by Nelson Pass, 30 watt single ended in classe A. Questo finale è assimilabile ad un triodo a valvole: è tubey e ambrato come potrebbe esserlo un vecchio McIntosh Mc2505 anni '60, ma offrendo una gamma media così naturale e trasparente da essere riscontrabile in davvero poche altre amplificazioni a stato solido (forse paragonabile a quella espressa dai valvolari Shindo Pavillon Rouge, od ai Quad II con le GEC KT66). La combinazione Pass Aleph 30/IMF Studio Monitor causa zero fatica di ascolto, ma il roll-off sulle alte è troppo evidente. Ricollegando il VTL ST-85, le cose tornano a posto. Poi ho provato, per spirito di provocazione, il Quad 303, col quale il basso risulta meno tellurico rispetto alle altre amplificazioni testate, tutte più energiche. Addirittura ho voluto testare le IMF con due dei miei Quad II, dotati di GEC originali. La gamma media è encomiabile coi Quad II, col Quad 303, con l'Aleph 30, e con il VTL ST-85: grande raffinatezza, nessun effetto harsh. La voce umana riproposta dalle IMF Studio Monitor, con queste quattro amplificazioni, è perfetta, credibile, palpabile, così come strumenti a fiato come il fagotto, il clarinetto, e l'oboe, sempre impeccabili. I limiti dinamici dei Quad II e del Quad 303 appaiono tuttavia evidenti, un po' meglio l'Aleph 30, benissimo il VTL ST-85, col quale si perde (forse) un po' di qualità del medio, ma si guadagna in tutto il resto. La curiosità è provare in futuro un finale moderno in classe D, probabilmente più adatto a gestire la velocità e la spinta in basso di cui questi vecchi sistemi sono capaci, magari a scapito di una gamma media così bella.
Timbrica: sana, frizzante, con un “corpo” ragguardevole in rapporto alle dimensioni “normali” di questo diffusore. La gamma alta ricorda quella delle mie amate SuperTablette: precisa, ariosa, a volte fin troppo presente. E' vero che l'iperdettaglio può far piacere, ma con alcune incisioni può diventare stancante. Ecco, con le IMF SM non siamo a questi livelli, per fortuna, ma diciamo che il piccolo tweeter Celestion ogni tanto si fa...ehm...sentire. Intendiamoci, a me piace: in un certo senso riequilibra la presenza (notevole) delle prime due ottave. Il medio è raffinato, superando, a memoria, quello offerto dalle TDL RTL4. E secondo me neanche la telluricità delle vecchie IMF Studio Monitor è avvicinabile dalla pur buona e corporea gamma bassa delle RTL4. Con le IMF Studio Monitor c’è davvero tanto, tantissimo punch: sono casse in ogni senso coinvolgenti e divertenti (passatemmi il termine), sebbene non esuberanti nella misura in cui lo erano le mie vecchie JBL Jubal, loro coetanee. Il basso delle IMF SM da un lato scende notevolmente di più rispetto a quello delle Jubal. Dall'altro lato è un basso meno invadente, quanto meno nella zona più "alta" della gamma affidata al woofer, e suona decisamente più pulito. Pur provenendo da un 20 cm (in linea di trasmissione) anzichè da un 30 cm (in bass reflex). Riassumendo i punti di forza delle IMF SM, questi sono: 1) matericità e fisicità della gamma bassa, 2) pulizia e veridicità della voce, pregio di assoluto rilievo, 3) sensazione di ariosità e cristallinità della gamma alta.
Veridicità del soundstage: abituato alla maestosità delle mie Tannoy 215, aiutate oltretutto dai supporti alti e dalla posizione "a parete", queste IMF SM, addossate a loro volta alle 215, nonostante l’altezza (grazie anche ai bassi piedestalli) di appena un metro, riempiono bene la stanza, con qualche ovvio limite nel ricreare l'altezza della scena. Lateralmente la scena è precisa, ampia, ma comunque contenuta all’interno dell’area limitata dai due sistemi. Consideriamo che il mio locale è relativamente ampio, oltretutto comunicante con altri locali adiacenti. Il 90% dei sistemi tradizionali faticano a riempirlo, serve una importante superficie radiante, unita a valori di MOL adeguati. Il punto d’ascolto è inoltre a 4 metri dai diffusori, e di questo va tenuto conto. Giocate col toe-in. Probabilmente le TDL RTL 4, da qs punto di vista, grazie alla loro particolare disposizione dei trasduttori, si comportavano meglio, ma sono passati 20 anni, per cui non ci giocherei.
Doti dinamiche: a dispetto della bassa efficienza, le IMF SM suonano benino già a basso volume, ma il meglio lo offrono salendo un po' col potenziometro del volume. I piccoli Quad 306 e Pass Aleph 30 riescono a pilotarle, anche se a bassi volumi, ed a scapito di una minor energia in basso. Il Quad 303, con sistemi così poco efficienti, proprio non glie la fa. Le altre amplificazioni provate (Quad 405, Manley Snapper, VTL ST-85) le fanno volare, ma…non voglio rischiare di rovinare i driver: sopratutto il mid è noto per non sopportare gli strapazzi. Posso soltanto dire che, per i brevi attimi in cui ho osato, i livelli massimi indistorti (MOL) erano decisamente elevati, ovviamente a debita distanza dalla possanza delle 215. Direi che le IMF Studio Monitor danno il meglio a livelli di ascolto medio-alti, ma non sfigurano a livelli condominiali. Sistemi coevi che tiravo più per il collo erano le citate JBL Jubal, ma col tempo ho imparato ad ascoltare a livelli umani, e usare sistemi adeguati al mio locale d’ascolto. Quello che voglio sottolineare è che la bassissima distorsione intrinseca delle IMF Studio Monitor invita ad alzare il volume, e questo è un buon segnale (come lo era per le generosissime Jubal). Alzando il volume, la riproduzione della voce (uno dei punti di forza di questi IMF) resta impeccabile, non indurendosi mai, se non a livelli davvero alti. Tuttavia, ai medesimi SPL, il basso rischia di appesantirsi. Come spesso succede ai diffusori britannici di quell'epoca (fanno eccezione le Tannoy), il sommarsi di bassa efficienza e di MIL non illimitata (vedi i componenti dell'epoca) obbliga ad un azionamento prudente del potenziometro del volume. Con le TDL RTL-4 il margine dinamico era spostato più in alto, tanto che usavo l'AmAudio Fet01 a manetta senza troppi problemi.
Conclusione: ai livelli di costo cui viaggiano oggi giorno sull’usato, le IMF rappresentano sistemi che reggono assai bene il passare del tempo: sono costruiti molto bene, i mobili ed componenti sono robusti. Falcon (UK) distribuisce componentistica e trasduttori (ma non tutti, per esempio non c’è traccia in rete del mio tweeter, e neanche del woofer). Estetica deliziosamente retro e british. Ideali da inserire in sistemi albionici d’epoca, che notoriamente fanno dell’understatement una delle loro virtù, e per far cadere la lingua a chi verrà a casa vostra ad ascoltarle, magari snobbandole. Ancor più pensando che quando 50 anni fa, liceale, passavo le mie estati in Inghilterra, queste IMF esistevano già, magari nell’appartamento di fianco a dove risiedevo. Il fascino del vintage...
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